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Santi dell'11 Marzo

Il mio Santo > I Santi di Marzo

*San Benedetto di Milano - Vescovo (11 marzo)
m. 725

Martirologio Romano: A Milano, deposizione di San Benedetto, vescovo.
É il quarantunesimo vescovo di Milano, vissuto tra la fine del sec. VII e l'inizio dell'VIII. A Benedetto è attribuita la costruzione di una chiesa in onore di San Benedetto (con annesso un monastero benedettino), nella zona di Porta Nuova, e l'epitafio in onore di Caedwalla, re del Wessex (Inghilterra), da lui stesso catechizzato e accompagnato a Roma, dove fu battezzato
da papa Sergio I nel sabato Santo del 689 e dove morì il 20 aprile dello stesso anno.
Paolo Diacono racconta che Benedetto, da lui definito «uomo di particolare santità, la cui buona fama si diffuse in tutta l'Italia», si recò ancora a Roma nel 707 ca. per difendere il suo diritto di consacrare il vescovo di Pavia, che, invece, veniva ordinato a Roma: il papa avrebbe respinto la sua istanza, perché ormai da tempo il vescovo di Pavia dipendeva direttamente dalla Santa Sede.
L'autore anonimo di un ritmo intitolato Versus de Mediolano civitate, che risale ai primi decenni del sec. VIII, lo ricorda tra i santi e i grandi vescovi milanesi e lo dice sepolto nella basilica di Sant'Ambrogio. Il suo episcopato sarebbe stato lunghissimo: ben quarantasette anni.
La sua festa negli antichi cataloghi ricorreva l'11 marzo, in alcuni più recenti il 9 o il 10 dello stesso mese.
Nel 1623, per ordine del cardinale Federico Borromeo, il rito ambrosiano ne trasferì la festa al 6 settembre, perché essa solitamente cadeva durante la quaresima, tempo in cui, nella liturgia ambrosiana non si celebrano i santi; il Martirologio Romano, invece, ne ha conservato la memoria alla data tradizionale dell'11 marzo.
Benedetto, insieme con altri santi, era invocato come protettore da coloro che fossero impegnati nei processi sia come attori ed accusatori sia come convenuti e rei.
Erroneamente gli sono stati attribuiti dal cardinal Mai i versi sulla medicina di un certo diacono milanese di nome Crispo: per questo motivo gli fu dato il cognome di Crispo.

(Autore: Antonio Rimoldi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Benedetto di Milano, pregate per noi.

*Beato Cipriano (Dedé) Nika - Sacerdote Francescano. Martire (11 marzo)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri Albanesi" (Vincenzo Prennushi e 37 compagni) (5 novembre)

Scutari, Albania, 19 luglio 1900 – 11 marzo 1948

Padre Cyprian Nika, al secolo Dedë, francescano albanese, fu padre provinciale della provincia d’Albania e padre guardiano del convento di Scutari.
Arrestato dalla polizia segreta comunista col pretesto di aver collaborato all’occultamento di un deposito di armi dietro l’altare di una chiesa, venne a lungo torturato, anche se cercava, sulla base di argomentazioni filosofiche, di condurre i suoi persecutori a credere in Dio. Venne fucilato a Scutari l’11 marzo 1948, insieme al confratello Mati Prennushi e al vescovo Frano Gjini.
Compresi tutti e tre nell’elenco dei 38 martiri albanesi, di cui fanno parte altri cinque frati e un vescovo francescani, è stato beatificato il 5 novembre 2016 a Scutari.
Studi e responsabilità nel francescanesimo albanese
Dedë (corrispondente all’italiano Domenico) Nika nacque a Scutari, in Albania, il 19 luglio 1900. Rimase orfano a cinque anni. Frequentò quindi le elementari e le medie nella scuola tenuta dai Frati Minori nella sua città, poi, come tutti quelli che desideravano andare avanti verso il sacerdozio, venne inviato a studiare Teologia in Austria.
Fu ordinato a Roma nel 1924. Il suo nome religioso era padre Cyprian (Cipriano). Nel 1937 divenne Provinciale della provincia francescana d’Albania e, nel 1943, assunse l’incarico di guardiano del convento di Scutari.
Una perquisizione sotto le cineprese
Proprio in quel periodo iniziarono le persecuzioni ai danni dei credenti di tutte le fedi, a opera del partito comunista: in particolare, l’accanimento in ambito cattolico era contro i gesuiti e i francescani, per la loro opera educativa e di preservazione delle antiche tradizioni popolari albanesi.
Un caso eclatante avvenne quando la polizia segreta di regime, la Sigurimi, scoprì un deposito di armi dietro l’altare di Sant’Antonio nella chiesa di San Francesco a Gjiudahol, quartiere di Scutari. Il fatto, documentato da un filmato girato in presa diretta dalla televisione di stato jugoslava, alle dipendenze del dittatore Tito, era in realtà una messa in scena pianificata apposta per mettere agli arresti i frati.
Un’occasione per dare testimonianza
Anche padre Cyprian venne incarcerato e più volte sottoposto a torture. Lo racconta uno dei suoi compagni di prigionia, Ilir Bali: «Il soldato aprì la porta della nostra cella con fragore di chiavi e si rivolse urlando al prete che si alzasse. Padre Nika, perso nella sua preghiera, non si
preoccupò del soldato; non lo sentiva o non lo vedeva. Allora con una pedata portò brutalmente il prete fuori dai suoi sogni, proseguì con un urlo di ingiuria mentre i due altri soldati che attendevano sulla soglia della porta ridevano istericamente».
Il frate si alzò e, lentamente, si diresse verso la stanza delle torture. Dopo parecchie ore venne letteralmente buttato dentro la cella, dove Ilir Bali cercò di prendersi cura di lui lavando le sue ferite, poi gli chiese come stesse: «Sto bene. Sto molto bene», rispose, con voce fioca, «Ho dato loro una testimonianza».
L’argomentazione di padre Cyprian
Bevve un sorso d’acqua, poi spiegò: «Gli ufficiali della Sigurimi mi hanno detto che volevano discutere scientificamente con me dell’esistenza di Dio. Erano in quattro. Non mi sono mai sentito più felice di allora: "Cyprian", ho detto a me stesso, "ecco un’occasione di guadagnare l’amore e la misericordia dell’Altissimo"».
Basando la sua argomentazione sulla teologia di san Tommaso d’Aquino, professò anche la sua fede: «Come essere umano pensante, credo che esiste un "Qualcosa" dopo questa breve vita sulla terra, dove il bene e il male troveranno ricompensa e castigo. Un "Qualcosa" che superi i limiti della natura umana; un "Qualcosa" di sovrumano, soprannaturale in cui il male e l’ingiustizia non hanno posto…».
Ma la sua esposizione fu interrotta dalle torture: i soldati avevano perso la pazienza. Mentre il frate pregava: «Che sia fatta la Tua volontà», sentiva che uno dei persecutori diceva: «Il mio Dio è Enver Hoxha», il presidente e dittatore albanese.
L’altro prigioniero rispose che quella richiesta dei soldati era un’evidente presa in giro e che avrebbe dovuto cercare di sfuggire a un male simile. La replica di padre Cyprian fu: «Figlio mio, è vero, ma io ho anche una missione, più di altre in questo ambiente: devo tenere la lampada accesa ogni volta e in qualsiasi luogo sia spenta. Certamente, non è facile soffrire, ma la sofferenza, figlio mio, rende la vittoria più nobile».
Il martirio e la beatificazione
Padre Cyprian venne fucilato l’11 marzo 1948 a Scutari, in un fosso vicino a una vigna: con lui, il confratello Mati Prennushi e il vescovo-abate di Sant’Alessandro a Orosh monsignor Frano Gjini. Le sue ultime parole, riportate nel verbale processuale, furono: «Viva Cristo Re! Perdoniamo i nostri nemici. L'Albania non muore con noi!».
L’Ordine dei Frati Minori ha dato altri martiri alla Chiesa in Albania: molti di essi sono compresi nell’elenco dei 38 beatificati a Scutari il 5 novembre 2016. Oltre a padre Cyprian, si tratta del vescovo di Durazzo monsignor Vinçenc Prennushi e dei padri Gjon Shllaku, Serafin Koda, Bernardin Palaj, Gaspër Suma e Karl Serreqi.
(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Cipriano Nika, pregate per noi.

*San Costantino - Re e Martire (11 marzo)

Cornovaglia, 520 circa – Kintyre, Scozia, 9 maggio 576
Vissuto nel VI secolo, fu re dell’attuale Cornovaglia. Il primo periodo della sua vita fu a quanto si racconta “scellerato”.
Sacrilego e pluriassassino, si sarebbe separato dalla moglie, figlia del re di Bretagna Armoricana, per essere più libero. Convertitosi al cristianesimo, cambiò radicalmente vita,
abbandonò il trono e si ritirò in un monastero irlandese.
Dopo sette di vita vissuta in austerità e penitenza, studiando le scritture, fu consacrato sacerdote e invitato in Scozia sotto la direzione di San Columba, per evangelizzare le popolazioni indigene. Lì fu martirizzato da fanatici pagani.
La sua vita ci testimonia quale sia la potenza del Vangelo di Cristo che può portare cambiamenti radicali nella vita dell’uomo.
Etimologia: Costantino = che ha fermezza, tenace, dal latino
Emblema: Corona, Palma
Martirologio Romano: In Scozia, San Costantino, re, discepolo di San Colomba e martire.
In data odierna la Chiesa Cattolica festeggia il re San Costantino (Costentyn in cornico, Custennin in gallese, Constantinus in latino e Constantine in inglese), che coronò la sua travagliatissima esistenza con la corona del martirio, grazie alla quale il suo nome emerse dalle fitte nebbie medievali per imporsi alla devozione dei cristiani, in particolar modo nell’arcipelago britannico. Questo santo non va confuso con il celeberrimo imperatore, anch’egli  venerato come santo specialmente dalle Chiese Orientali, sia cattoliche che ortodosse, e festeggiato al 21 maggio.
Tutto ciò che sappiamo di certo su sul santo di oggi è costituito dalle informazioni tramandate da Gildas, che ebbe a definirlo “cucciolo tirannico dell’impura leonessa di Damonia”. Si presuppone che in questo caso per Dumnonia si intenda la regione sud-occidentale dell’Inghilterra, cioè pressapoco la Cornovaglia, piuttosto che l’omonimo regno sviluppatosi nell’odierna Scozia. Costantino, nato verso il 520, ascese probabilmente al trono nel 537 dopo la morte di suo padre Cado. Gildas narra come il primo periodo della sua vita fu a dir poco “scellerato” e lo critica anche per aver ripudiato sua moglie, figlia del sovrano bretone Armoricana, allo scopo di commettere indisturbato parecchi adulteri. Inoltre, dopo aver giurato di voler fare la pace con i suoi nemici, si travestì da abate, entrò nel santuario dove questi si trovavano e li uccise spietatamente ai piedi dell’altare.
Anche il cavaliere arturiano Sir Costantino, che secondo l’“Historia Regum Britanniae” di Goffredo di Monmouth successe a re Artù sul trono di trono di Britannia, si sarebbe travestito da vescovo ed avrebbe ucciso in una chiesa i due figli di Mordred, con cui era in conflitto. Per tale motivo questa figura leggendaria a giudizio di alcuni potrebbe essere basata su quella storica di Costantino di Dumnonia.
Non pochi nobili personaggi in quell’area e nel medesimo periodo portano il nome di Costantino, fattore che rende ardua una netta distinzione fra di essi. Pare comunque cosa certa che il Costantino venerato come santo sarebbe quello convertitosi al cristianesimo grazie ad un incontro con San Petroc, anch’egli di nobile estrazione, dando così tangibile testimonianza della potenza del Vangelo di Cristo che può portare cambiamenti radicali nella vita di ogni uomo, anche del più accanito peccatore. In seguito alla conversione, morta la giovane moglie, abdicò in favore del figlio Bledric per dedicarsi alla vita religiosa.
Fondò chiese, attraversò il canale di Bristol e visse molti anni come monaco in Irlanda, cimentandosi nell’ascesi e nello studio delle Sacre Scritture, ricevendo addirittura dopo la dovuta preparazione l’ordinazione presbiterale. Si ritirò in eremitaggio a Costyneston (Cosmeston), nei pressi di Cardiff, e fu anche discepolo di San Columba di Iona e di San Kentingern. Spinto da questi grandi santi si spinse verso nord, ove fondò il monastero di Govan, ne divenne primo abate ed intraprese l’evangelizzazione dei Pitti, popolazione indigena dell’odierna Scozia. Fu in questo periodo e grazie al suo apostolato che tale paese si convertì al cristianesimo, assumendo il nome di “Scotia”.
Costantino, apostolo della Scozia, era destinato ad essere il primo martire a spargere il proprio sangue su quella terra per la sua fede nel Vangelo che andava predicando sulle pubbliche piazze: il 9 maggio 576 a Kintyre, infatti, fu trucidato da alcuni pagani fanatici e le rovine di un’antica chiesa a Kilchouslan segnano ancora oggi il luogo ove con ogni probabilità il santo spirò. Le sue spoglie mortali, ritrovate dai suoi discepoli, vennero traslate a Govon nella chiesa che prese a portare il suo nome. Nacque così una forte venerazione nei suoi confronti, che perdura sino ai giorni nostri.
La festa di San Costantino è celebrata il 9 marzo in Galles e Cornovaglia, l’11 marzo in Scozia ed il 18 marzo in Irlanda, anche se il Martyrologium Romanum lo commemora solamente in data odierna. E’ possibile, a seconda delle fonti, trovare questo Santo citato come San Costantino di Cornovaglia, San Costantino di Dumnonia o San Costantino di Scozia. Tuttavia non va confuso, oltre che con il celebre imperatore, anche con altri santi sovrani vissuti in seguito sempre in Gran Bretagna e comunque non censiti dalla Bibliotheca Sanctorum: San Costantino re di Strathclyde, San Costantino I re di Scozia e San Costantino II re di Scozia.
Preghiere ortodosse in onore a San Costantino
Tropario
Rattristato per la perdita della tua giovane sposa,
tu hai rinunciato al mondo , o martire Costantino,

ma vedendo la tua umiltà
Dio ti ha chiamato a lasciare la tua solitudine
e servirlo come sacerdote.
Seguendo il tuo esempio,
noi preghiamo di avere la grazia di capire
che dobbiamo servire Dio secondo la sua volontà
e non come desideriamo,
per essere riconosciuti degni della sua misericordia.
Kondakion
Tu nascesti per essere re di Cornovaglia,
o martire Costantino,
e chi avrebbe potuto prevedere
che tu saresti diventato il primo martire di Scozia.
Cantando le tue lodi, o santo martire,
noi riconosciamo la vanità di preferire
i progetti umani alla volontà del nostro Dio.  
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Costantino, pregate per noi.

*San Domenico Cam - Martire del Tonchino (11 marzo)

m. 1859  
Martirologio Romano:
Nella città di Hưng Yên nel Tonchino, ora Viet Nam, San Domenico Cẩm, sacerdote e martire, che per molti anni esercitò clandestinamente il suo ministero con pericolo di vita, anche dopo essere finito in carcere, e, condannato a morte per ordine dell’imperatore Tự Đức, abbracciò la croce del Signore che aveva fermamente rifiutato di calpestare.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Domenico Cam, pregate per noi.

*Sant'Eulogio di Cordoba - Sacerdote e Martire (11 marzo)

+ Cordoba, Spagna, 11 marzo 859
Eulogio è il più importante dei «Martiri di Cordoba» assieme a Rodrigo e Salomone. Strappata ai Visigoti dagli Arabi nel 771, Cordoba raggiunse il suo apogeo culturale nel X secolo, prima di essere "riconquistata" nel 1236 da Ferdinando III di Castiglia. I musulmani non si mostrarono sempre feroci persecutori dei cristiani, cui talvolta si limitavano a imporre di non testimoniare la loro fede e di versare un cospicuo tributo periodico: se ciò provocava lo spirito d'indipendenza dei cristiani, i più sensibili, non potevano tollerare una specie di ibernazione religiosa. Di qui sporadiche reazioni alla dominazione, che venivano soffocate con sporadiche persecuzioni. Di una di queste reazioni furono protagonisti Rodrigo, Salomone ed Eulogio. Questo era prete; non potendo accettare la passività dei cristiani, parlò apertamente contro il Corano. Imprigionato una prima volta, venne rilasciato, ma, nominato vescovo di Toledo, non poté essere ordinato, perché venne decapitato l'11 marzo 859. (Avvenire)  
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, Sant’Eulogio, sacerdote e martire, decapitato con la spada per avere proclamato apertamente la fede in Cristo.
Sant’Eulogio non è che il più importante fra la folta schiera dei “Martiri di Cordoba”.
Numerosissimi cristiani, infatti, testimoniarono la loro fede in Cristo con il supremo sacrificio dell’effusione del loro sangue presso  Cordoba, importante città spagnola dell’Andalusia.
Strappata ai Visigoti dagli Arabi nel 771, la città raggiunse il suo apogeo culturale nel X secolo,
prima di essere riconquistata nel 1236 dal celebre sovrano San Ferdinando III di Castiglia.
Bisogna constatare, ad onor del vero, che i musulmani non si mostrarono sempre feroci persecutori dei cristiani, ai quali solitamente si limitavano ad imporre di non testimoniare pubblicamente la loro fede cristiana e soprattutto di versare periodicamente  un cospicuo tributo: se ciò da un punto di vista puramente politico portava a provocare uno spirito d’indipendenza e di autonomia da parte della popolazione indigena, quest’ultima in quanto cristiana non poteva certo tollerare una sorta di ibernazione religiosa.
Nacquero così sporadiche reazioni alla dominazione dei mori,  che venivano facilmente soffocate con altrettanto sporadiche persecuzioni.
Fu proprio in tale contesto che si collocò il martirio di Eulogio, sacerdote, vescovo eletto di Toledo.
Non potendo a qualunque costo accettare o tollerare la passività dei cristiani, egli scrisse e predicò apertamente contro il Corano.
Imprigionato una prima volta, venne rilasciato dopo che egli aveva confortato e rianimato i suoi compagni di prigionia con un’efficace “Esortazione ai martiri”. Nominato vescovo di Toledo, non poté neppure essere consacrato e prendere possesso della sua sede: l’11 marzo 859 venne infatti decapitato, in esaudimento del suo grande desiderio.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eulogio di Cordoba, pregate per noi.

*Sant'Eutimio di Sardi - Vescovo e Martire (11 marzo)

Sec. IX  
Emblema:
Bastone pastorale, Palma
Sono  almeno otto, nei calendari, i Santi con il nome greco di Eutimio. Quasi tutti sono personaggi vissuti in Oriente, e tra questi eccelle Eutimio di Melitene, detto il Grande, solitario, monaco, Abate e fondatore di  monasteri, importante nella storia della Chiesa per aver ottenuto la sottomissione dell'Oriente ai decreti dei Concilio di Calcedonia e per aver convinto l'Imperatrice Eudossia ad abbandonare la eresia di Eutiche.
Quello oggi ricordato fu Vescovo di Sardi, nella Licia, e fu Santo di avventurosa e tormentata vita. Dopo avere studiato ad Alessandria, fu monaco, sacerdote, e venne eletto Vescovo nel 787.
Fu assai attivo in occasione del Il concilio di Nicea, nel quale venne condannata l'iconoclastia, cioè l'eresia che chiedeva la distruzione delle immagini sacre, accusate di favorire la rinascita del paganesimo.
Qualche anno dopo, il Vescovo Eutimio venne esiliato una prima volta dall'Imperatore Niceforo. Si disse che egli avesse permesso di prendere il velo a una giovane che un alto funzionario imperiale desiderava invece togliere in sposa.
Da qui - o forse da altre più complesse ragioni - la sua condanna al " confino ", nell'isola di Pantelleria, dalla quale ritornò dopo alcuni anni a Sardi per riprendere la lotta in favore del culto delle immagini.
Da un Imperatore favorevole agli iconoclasti venne di nuovo esiliato, in una località prossima a Costantinopoli. Liberato nell'821, l'anno successivo venne di nuovo esiliato, e finalmente venne ucciso, sotto l'Imperatore Teofilo, talché venne, e viene ancora, onorato come Martire.
Tra questi Santi orientali, c'è anche un Eutimio ricordato in Italia, la cui festa però non cade in dicembre, ma in agosto.
Si tratta del Sant'Eutimio onorato a Perugia, dove egli si sarebbe rifugiato, da Roma, durante la persecuzione di Diocleziano.
Portò con sé la moglie e il figlio Crescenzio, e fu proprio a Perugia che l'intera famiglia, cristiana di sentimenti, ricevette il Battesimo da parte del presbitero Pimerio, il quale sarebbe morto Martire durante la persecuzione di Giuliano l'Apostata.
A Perugia, Eutimio mori in pace, e venne sepolto dal figlio.
Non si sa perciò a qual titolo venga onorato come Santo, dato che non fu Martire, se non per una temporanea prigionia.
Più celebre di lui fu il figlio, Crescenzio, il quale, secondo la leggendaria passione, tornò a Roma e cadde sotto i rigori della persecuzione, benché avesse  soltanto undici anni.
La sua sepoltura fu lungo la Via Salaria, visitata e venerata dai pellegrini del Medioevo.
Nel 1058, una parte delle sue reliquie venne trasferita a Siena, dove la devozione per il giovanissimo Martire Crescenzio ebbe, nei secoli successivi, accenti di grande popolarità, così che la città toscana può essere considerata come la seconda patria di questo Santo romano, come l'etrusca e augustea Perugia fu la seconda patria del padre di lui, Eutimio, morto in pace, ma considerato degno degli onori della santità anche per i meriti del figlio Martire.

(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - Sant'Eutimio di Sardi, pregate per noi.

*San Firmino di Amiens - Abate (11 marzo)
Etimologia: Firmino = costante, saldo nei propositi, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Alla data dell'11 marzo il Martirologio Romano menziona un Firmino, abate Santo della regione di Amiens, senza dare altre precisazioni. La storia non conosce alcun abate di questo nome in questo luogo; si può pensare perciò che sia stata fatta confusione sia con i due vescovi di Amiens, chiamati Firmino, sia con Fermano, abate di Fermo nelle Marche.

(Autore: Philippe Rouillard - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Firmino di Amiens, pregate per noi.

*Beato Francesco Gjini - Vescovo e Martire (11 marzo)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri Albanesi"

(Vincenzo Prennushi e 37 compagni) (5 novembre)

Scutari, Albania, 20 settembre 1886 – 11 marzo 1948
Monsignor Frano Gjini, Vescovo-Abate di Sant’Alessandro a Orosh, nel distretto di Mirdita, esercitò il ministero episcopale impegnandosi a correggere le antiche usanze popolari che confliggevano con l’insegnamento della Chiesa.
Convocato dal dittatore Enver Hoxha, rifiutò di essere a capo di un’ipotetica Chiesa di Stato, affermando con coraggio che mai avrebbe separato il suo gregge dalla Santa Sede. Fu condannato a morte l’8 gennaio 1948 e fucilato l’11 marzo seguente insieme ai padri francescani Cyprian Nika e Mati Prennushi.
Inseriti tutti e tre nel gruppo dei 38 martiri uccisi in Albania durante il regime comunista, sono stati beatificati a Scutari il 5 novembre 2016.
Vescovo-abate della Mirdita
Frano Gjini nacque a Scutari in Albania il 20 settembre 1886. Compì i suoi studi nel Collegio San Francesco Saverio, tenuto dai Gesuiti nella sua città, e presso la Congregazione di Propaganda Fide a Roma.
Ordinato sacerdote, fu parroco a Laç, Vlora e Durazzo, città dove venne consacrato vescovo. In seguito venne nominato Vescovo-Abate di Sant’Alessandro a Orosh (Shën Llezhri-Oroshit), nel distretto della Mirdita.
L’antica abbazia, risalente almeno al XII secolo, era all’epoca abbandonata, come tutta la zona, dopo la morte dell’abate precedente, Preng Doçi, avvenuta nel 1917. La popolazione, quindi, era trascurata dal punto di vista spirituale, fatta eccezione per qualche visita da parte dei Gesuiti impegnati nella cosiddetta "missione volante", ossia un’attività di apostolato dedicata specialmente all’istruzione religiosa e alla riconciliazione tra i clan familiari nei paesi di montagna.
Servitore di Cristo e dei poveri
L’ingresso di monsignor Gjini nella sua sede episcopale avvenne d’autunno, un sabato pomeriggio, in un clima festoso: le campane delle chiese delle montagne suonavano a distesa, mentre i montanari sparavano in aria.
A notte fonda, di villaggio in villaggio e davanti all’abbazia, si accesero grandi falò, per segnalare l’arrivo del nuovo abate.
Il giorno dopo, domenica, il vescovo rimase colpito dalla vista di tutti i suoi nuovi fedeli, che accorrevano, in lacrime di gioia, per baciargli l’anello. Durante la Messa, nella sua omelia, ricordò loro che lui era anzitutto un servitore di Cristo e dei poveri, quindi dovevano esserne consapevoli.
Il tono modesto delle sue parole, tuttavia, non convinse la totalità di quegli uomini, d’indole fiera e intimamente diffidenti.
In ogni caso, per quindici anni, monsignor Gjini continuò l’operato del suo predecessore, correggendo le antiche usanze che confliggevano con gli insegnamenti della Chiesa e invitando al perdono, contrariamente a quanto prescriveva il diritto consuetudinario del Kanun.
Nel rischio della persecuzione
Intanto l’Albania stava per entrare nell’orbita comunista, i cui partigiani attaccarono la Mirdita nel 1944. I montanari non accettavano le loro leggi, ma qualcuno scese a patti con i capi politici. Quanto al vescovo-abate, pur non incitando alla violenza, denunciava inequivocabilmente quell’ideologia.
Nel 1945, il nunzio apostolico in Albania, monsignor Leone Giovanni Battista Nigris, cercò di presentare la situazione del Paese a papa Pio XII. Tuttavia, sul punto di rientrare, si vide impedito dal governo, in un esilio di fatto. Monsignor Gjini, quindi, divenne suo sostituto e dovette partire per Scutari.
Opposto al regime, per il bene del suo gregge
Non molto tempo dopo, venne convocato da Enver Hoxha in persona. Il capo di Stato voleva chiedergli di prendere il comando di una Chiesa nazionale, separata da Roma, proprio come aveva o avrebbe domandato ad altri due vescovi, i monsignori Gaspër Thaçi e Vinçenc Prennushi, i quali si mostrarono contrari. Anche monsignor Gjini fu dello stesso parere: «Io non mi separerò mai dal mio gregge», gli replicò perentoriamente.
Rientrato a Orosh, il vescovo pensò anzitutto al bene dei suoi fedeli, prima che alla propria salvezza personale. Scrisse dunque una lettera aperta a Hoxha, nella quale gli proponeva una collaborazione da parte della Chiesa cattolica, ma solo «per la ricostruzione della nazione curando le ferite e sormontando le difficoltà esistenti». Mentre protestava per i disagi, per non dire le persecuzioni, subiti da sacerdoti, religiosi e laici, auspicava «di arrivare non solo a dei vantaggi materiali ma anche a dei profitti spirituali per tutti gli albanesi».
La prigionia e le torture
Fu proprio quella missiva ad offrire l’occasione per arrestarlo, ma né le pressioni fisiche, né quelle psicologiche riuscirono a fargli cambiare idea. Relegato in una cella di un metro quadrato di ampiezza, incatenato mani e piedi, ne veniva tratto fuori solo per venire torturato.
Ad esempio, veniva buttato in una vasca di acqua gelata, oppure subiva scosse elettriche, o ancora gli venivano messi granelli di sale su ferite appena aperte, o punte di legno sotto le unghie.
Una notte del dicembre 1946, mentre era legato a uno degli alberi nel cortile del convento francescano di Scutari, trasformato in prigione, insieme ai padri francescani Cyprian Nika e Bernardin Palaj, ebbe la forza d’impartire un’ultima benedizione a un altro condannato moribondo, legato alla stessa maniera: era bloccato con le mani, ma tracciò il segno della Croce alzando la testa, poi abbassandola e muovendola da sinistra verso destra.
Il martirio e la beatificazione
Alla fine, un tribunale popolare, a porte chiuse, lo condannò a morte l’8 gennaio 1948. Insieme a diciassette altri tra preti e laici, inclusi padre Cyprian Nika e padre Mati Prennushi, venne quindi fucilato l’11 marzo 1948, in un fosso vicino a una vigna.
Sua sorella Tina seguì il corteo dei condannati, ma venne riconosciuta dai soldati e arrestata a sua volta.
Monsignor Frano Gjini, compreso con i suoi compagni di martirio e un altro francescano, padre Bernardin Palaj, nell’elenco dei 38 martiri albanesi capeggiati da monsignor Vinçenc Prennushi, è stato beatificato a Scutari il 5 novembre 2016.
(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Francesco Gjini, pregate per noi.

*Beato Giovanni Kearney - Sacerdote e Martire (11 marzo)
Scheda del Gruppo cui appartiene il Beato Giovanni Kearney: “Beati Martiri Irlandesi “
Cashel, Irlanda, 1619 - Glenn, Irlanda, 11 marzo 1653
Martirologio Romano: A Clonmel in Irlanda, Beato Giovanni Kearney, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire: condannato a morte perché attraversava l’Inghilterra da sacerdote, riuscì ad evitare la sentenza con la fuga, ma in seguito, sotto il governo di Oliver Cromwell, accusato una seconda volta di aver esercitato in patria il sacerdozio, subì la condanna dell’impiccagione.
Il martirio di questo intrepido testimone della fede si colloca nel contesto delle sanguinose persecuzioni  perpetrate in Gran Bretagna ed Irlanda verso quei cattolici che rifiutarono di firmare l’Atto di Supremazia, cioè il riconoscimento del sovrano inglese quale capo della Chiesa
Anglicana in opposizione al Romano Pontefice.
John Kearney [Seano O Cearnaigh] nacque a Cashel, in Irlanda, nel 1619 da John Kearney e da Elizabeth Creagh, la quale si uccise quando la cattedrale di Cashel fu data alle fiamme nel 1647. La vita di questo beato è abbastanza ben documentata. John, desideroso di farsi francescano, entrò nell’ordine dei Frati Minori Osservanti a Kilkenny, studiò per diversi anni a Lovanio e ricevette l’ordinazione presbiterale a Bruxelles nel 1642.
Nel 1644, mentre era di ritorno in patria, ebbero inizio le sue disavventure: la nave su cui viaggiava fu individuata e John Kearney venne arrestato, torturato e condannato a morte a Londra. Riuscì a fuggire e raggiungere l’Irlanda passando per Calais. Esercitò il suo ministero principalmente come insegnante e predicatore.
Con l’avvento al potere di Cromwell dovette nascondersi e ben presto venne posta una taglia sul suo capo.
Nella primavera del 1653 venne scovato e catturato nella contea di Tipperary. Durante il processo celebrato a Clonmell l’imputato fu accusato di aver esercitato il ministero sacerdotale cattolico andando così contro la legge. Fu allora impiccato presso Glenn l’11 marzo 1653.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato John Kearney il 27 settembre 1992, insieme ad altre sedici vittime della medesima persecuzione.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Kearney, pregate per noi.

*Beato Giovanni Righi da Fabriano (11 marzo)

Fabriano, 1489 circa – Cupramontana, 1539
Nato a Fabriano, dalla nobile famiglia Righi, intorno al 1470, Giovanni visse la spiritualità cristiana appresa in famiglia con uno slancio cavalleresco ancora tutto medievale.
Professo francescano, visse nel convento di Forano e poi, per raggiungere maggior perfezione, si fece solitario in una grotta detta «La Romita», a Massaccio.
Visse in penitenza e austerità, pregando, leggendo i Padri e spendendosi per le persone con cui veniva in contatto. Morì nel 1539 ed è sepolto e venerato nella chiesa francescana di San Giacomo Della Romita a Cupramontana (Ancona). (Avvenire)
Martirologio Romano: A Cupramontana nelle Marche, Beato Giovanni Battista Righi da Fabriano, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Righi da Fabriano, pregate per noi.

*Santi Marco Chong Ui-bae e Alessio U Se-yong - Martiri (11 marzo e 20 settembre)

Scheda del Gruppo a cui appartengono:
"Santi Martiri Coreani" (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni)

+ Seoul, Corea del Sud, 11 marzo 1866
Martirologio Romano:
In località Sai-Nam-Hte in Corea, Santi Marco Chŏng Ui-bae, catechista, e Alessio U Se-yŏng, martiri, che per la loro fede cristiana furono dai loro stessi parenti ingiuriati e percossi.
Marco Chong Ui-bae nacque a Yongin, nella Coreadel Sud, nel 1794 da una nobile famiglia pagana. Divenuto insegnante si sposò, ma da tale matrimonio non nacquero figli.  
Rimasto infine vedovo, fu colpito dalla gioia che lesse scolpita nei volti di due sacerdoti cattolici che aveva assistito durante il loro martirio. Fu così che Marco iniziò ad interessarsi a questa religione “occidentale”, leggendo libri sulla fede cattolica, fino a giungere alla decisione della conversione.  
Richiesto dunque ed ottenuto il battesimo, fu poi nominato catechista, ma oltre a ricoprire coscienziosamente trovò anche tempo e modo di occuparsi degli orfani e dei malati. Convolò anche a nuove nozze, decidendo in comune intesa con la nuova moglie di vivere in povertà e di adottare un figlio.
Nel periodo delle feroci persecuzioni anticristiane che attraversarono la Corea, Marco aiutò
parecchi cattolici a fuggire all’estero, ma egli preferì non abbandonare il paese. Il 25 febbraio 1866 venne dunque arrestato.
Alla vicenda di Marco Chong Ui-bae si lega quella del suo connazionale Alessio U Se-yong, nato nel 1847 a Seoheung da una nobile e benestante famiglia. Essendo venuto a conoscenza del cristianesimo per bocca di un catechista, volle incontrare il vescovo San Simeone Berneux, ma questi lo indirizzò proprio dal catechista Marco Chong per essere introdotto alla fede e ricevere il battesimo.  
Tornato a casa, dovette però confrontarsi con il disappunto dei familiari: preferì abbandonare la casa paterna per stabilirsi presso il suo padre nella fede, dedicandosi alla traduzione del Catechismo e di altri testi.
Quando tutti i cattolici del villaggio vennero arrestati, preso dal timore Alessio rinnegò la sua fede e fu rilasciato.
Subito però si pentì del misfatto e corse dal vescovo, detenuto in prigione, a confessargli l’accaduto, compresa la collaborazione data nel picchiare a morte un catechista. Fu inevitabile una sua nuova cattura e questa volta sopportò con coraggio le torture cui fu sottoposto.
Insieme presso Seoul l’11 marzo 1866 Marco ed Alessio andarono incontro al martirio.  
La Chiesa non poté dimenticare la loro eroica testimonianza: sono stati beatificati il 6 ottobre 1968 ed infine canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, insieme con altri numerosi testimoni della fede in terra coreana.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Santi Marco Chong Ui-bae e Alessio U Se-yong, pregate per noi.

*Beato Mattia (Pal) Prennushi - Sacerdote Francescano, - Martire (11 marzo)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri Albanesi" (Vincenzo Prennushi e 37 Compagni) (5 novembre)

Scutari, Albania, 2 ottobre 1881 – 11 marzo 1948

Padre Mati Prennushi, al secolo Pal, nativo di Scutari, fu dall’infanzia allievo dei Frati Minori ed entrò nel loro Ordine. Partecipò alle lotte per l’indipendenza dell’Albania e per due volte rischiò la condanna a morte, sotto dominatori diversi.
Fu padre provinciale dal 1943 al 1946, anno della sua morte, avvenuta dopo il suo ultimo arresto, offerta in sacrificio per il bene della sua patria.
Venne fucilato a Scutari l’11 marzo 1948, insieme al confratello Cyprian Nika e al vescovo Frano Gjini. Compreso nell’elenco dei 38 martiri albanesi, di cui fanno parte altri cinque frati e un vescovo francescani, è stato beatificato il 5 novembre 2016 a Scutari.
Pal Prennushi nacque a Scutari il 2 ottobre 1881. Sin dalle elementari frequentò le scuole tenute dai Frati Minori nella sua città e maturò la vocazione religiosa nel loro Ordine, cambiando nome in fra Mati (Mattia).
Proseguì gli studi a Graz, in Austria, e venne ordinato sacerdote nel 1904.
Già negli anni giovanili partecipò alla lotta per l’indipendenza del suo Paese, come altri membri della sua famiglia, mentre si dedicava all’apostolato nei villaggi del nord, sulle montagne.
Per questo motivo, nel 1911, venne arrestato dai serbi e condannato a morte: fu solo per intervento di padre Gjergj Fishta, una figura di spicco del francescanesimo albanese, che riuscì a salvarsi.
Dopo la guerra, venne inviato nel distretto di Malësi e Madhe. Quando gli abitanti del luogo insorsero contro Ahmet Zogu, che si era autoproclamato re col nome di Zog I, padre Mati rimase al loro fianco: per questo motivo, fu nuovamente messo agli arresti, con l’accusa di essere l’istigatore della rivolta.
Venne però graziato, mediante l’aiuto di padre Pal Doda.
Nel 1943 divenne padre provinciale dei francescani albanesi, ma tre anni dopo, nel settembre 1946, venne arrestato dai comunisti, che nel frattempo avevano preso il potere. Sei mesi di torture non servirono a fare in modo che accettasse di collaborare con i suoi persecutori, i quali, per incastrarlo, avevano nascosto delle armi sotto un altare, come accaduto anche in altri casi.
Così, mentre altri suoi confratelli erano già stati uccisi o stavano soffrendo in carcere, padre Mati venne giustiziato l’11 marzo 1948 a Scutari, in un fosso vicino a una vigna; con lui, monsignor Frano Gijini, Vescovo-Abate di Sant’Alessandro nel distretto di Mirdita, il confratello padre Cyprian Nika e altri quattordici tra sacerdoti, secolari e religiosi, e laici.
L’Ordine dei Frati Minori ha dato altri martiri alla Chiesa in Albania: molti di essi sono compresi, come padre Mati e i suoi compagni di martirio, nell’elenco dei 38 beatificati a Scutari il 5 novembre 2016. Precisamente, si tratta del vescovo di Durazzo monsignor Vinçenc Prennushi e dei padri Gjon Shllaku, Serafin Koda, Bernardin Palaj, Gaspër Suma e Karl Serreqi.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Mattia Prennushi, pregate per noi.

*Sant'Oengus il Culdeo (11 marzo)
m. 824 circa
Martirologio Romano:
Nel monastero di Tallaght in Irlanda, Sant’Oengus, detto il Culdeo, monaco, che ebbe cura di comporre un martirologio dei Santi d’Irlanda.  
(Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Oengus il Culdeo, pregate per noi.

*San Pionio (o Pione) di Smirne - Martire (11 marzo)

m. 250 circa  
Martirologio Romano:
A Smirne, nell’odierna Turchia, San Pionio, sacerdote e martire, che, come si racconta, per aver tenuto pubblicamente un’apologia in difesa della fede cristiana, dopo aver subìto l’amarezza del carcere, durante il quale confortò con il suo incoraggiamento molti fratelli ad affrontare il martirio, crudelmente torturato ottenne in sorte nel fuoco una fine beata in Cristo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pionio di Smirne, pregate per noi.

*Santa Rosina di Wenglingen - Vergine, Martire (11 marzo)

Wenglingen, IV secolo
Etimologia:
Rosina = dal nome del fiore
Una delle sante più popolari dei secoli scorsi in alcune zone della Germania, infatti in una relazione sulla processione avvenuta nel 1769 per la festività del ‘Corpus Domini’ in Miesbach, la santa veniva
rappresentata in un quadro vivente, fatto riservato ai Santi più conosciuti.
Nello stesso tempo dobbiamo considerare che c’è una costanza secolare nel festeggiarla all’11 marzo, data rimasta ancora oggi a Wenglingen.
Per quanto riguarda la sua figura non si sa niente, probabilmente vissuta nel IV secolo, come una vergine oppure come vergine martire (per questo sull’altare maggiore della chiesa di Wenglingen, nella diocesi di Augusta, essa è rappresentata con la tradizionale palma e con la spada) e a volte viene considerata come un eremita martire nelle selve.
È patrona dal XIII secolo, della città di Wenglingen; è stata confusa nelle ricerche storiche a volte con una Santa Eufrosina, a volte con Santa Rofina o Rufina.  
Nei secoli XVIII e XIX il suo culto si affermò con un crescendo, tanto che molte bambine portavano il suo nome e le tante immagini religiose anche popolari, lo testimoniano.
Di lei non sappiamo altro, ma l’amore che ispirò è vissuto per secoli e tanto ci basta.
In Italia è il diminutivo di Rosa, mentre nei Paesi dell’Alta Europa è usato così, basti ricordare il suo uso nella letteratura per i libretti di celebri opere liriche come “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini e “Le nozze di Figaro” di Mozart.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Rosina di Wenglingen, pregate per noi.

*Sofronio di Gerusalemme - Patriarca (11 marzo)

Damasco, 550 circa – Gerusalemme, 639
Sofronio, siriano di Damasco, fu eletto patriarca di Gerusalemme nel 634. La Palestina al tempo si trovava a vivere sotto la pressione dell'imminente invasione da parte di Abu-Bekr, suocero di Maometto († 632) e del califfo Omar. Allo stesso Sofronio fu impossibile celebrare il Natale, come di consueto, nella chiesa della Natività di Betlemme a causa dell'assedio.  
Ma il patriarca dovette affrontare anche l'eresia del monotelismo che proponeva un modello cristologico incompleto e limitante. Assieme a Massimo il Confessore, Sofronio cercò di combattere con vari scritti l'eresia che usciva dalla stessa corte imperiale di Costantinopoli. Nel 638 però dovette consegnare la città al califfo Omar. Morì di lì a poco. Di lui ci sono pervenute alcune poesie e lettere. (Avvenire)  
Martirologio Romano: A Gerusalemme, San Sofronio, vescovo, che ebbe per maestro e amico Giovanni Mosco, con il quale visitò i luoghi del monachesimo; eletto dopo Modesto vescovo di questa sede, quando la Città Santa cadde nelle mani dei Saraceni, difese con forza la fede e l’incolumità del popolo.
Sofronio “il sofista”, una delle personalità più interessanti dell’epoca, colto, di mentalità aperta ed appassionato difensore dell’ortodossia, nacque a Damasco verso il 550.
Abbandonò ancora giovincello la sua città natale, per intraprendere numerosi viaggi, ma sempre rimase orgoglioso del suo luogo d’origine, “dove Paolo arrivò cieco e da dove partì guarito, dove un
persecutore in fuga divenne un predicatore; la città che diede rifugio all’apostolo e da cui fuggì in un cesto calato dalla finestra, meritandosi così le grazie dei santi ed acquistando una grande fama [...]”. Sofronio compì i suoi studi prevalentemente a Damasco, ove fu istruito nella cultura greca e siriaca. Desideroso di farsi monaco, fece visita alla laura di San Teodosio in Giudea e qui incontrò Giovanni Mosco, con il quale strinse un duraturo legame di amicizia.
Difficile è valutare l’influenza che ciascuno esercitò sull’altro: Sofronio era decisamente più colto, ma considerava l’amico sua guida spirituale e suo consigliere. Il principale loro legame era forse costituito dalla comune fede calcedonese, ma iniziarono anche una collaborazione nel tramandare alle generazioni future le vite dei Padri del deserto. I contrasti già presenti a quel tempo nel mondo mediorientale spinsero i due amici a spostarsi molto, ospitati da diversi monasteri. Tra il 578 ed il 584 furono in Egitto, ove Sofronio fu allievo dell’aristotelico Stefano di Alessandria ed entrambi divennero amici di Teodoro il filosofo e Zoilo, quest’ultimo erudito calligrafo.
In questo periodo Sofronio iniziò a perdere la vista, ma fu miracolato visitando la tomba dei Santi Ciro e Giovanni presso Menuti ed in ringraziamento scrisse un resoconto di ben settanta miracoli attribuiti alla loro intercessione.
Dal 584 in poi diventa difficile ricostruire con esattezza i loro movimenti. Per un certo tempo pare presero strade diverse: Sofronio divenne monaco nel monastero di San Teodosio, mentre Giovanni Mosco vagò tra il Sinai, la Cilicia e la Siria. I due amici si ritrovarono infine al servizio del patriarca d’Alessandria, San Giovanni l’Elemosiniere, nominato nel 610.
Pochi anni dopo i persiani occuparono i luoghi santi e si diressero verso l’Egitto, quindi il patriarca con Sofronio e Giovanni Mosco partirono per Cipro, passarono poi ad altre isole ed infine giunsero a Roma. Nella Città Eterna Giovanni l’Elemosiniere morì nel 619, consegnando a Sofronio le sue ultime volontà.
Grande impegno profuse Sofronio per contrastare le eresie dilaganti, in particolare il monotelismo che l’imperatore Eraclio aveva imposto a tutto l’impero con il benestare del patriarca Sergio di Costantinopoli. Dal 634 Sofronio fu il nuovo patriarca di Gerusalemme, ruolo che gli permise di proseguire con maggiore autorevolezza la sua battaglia. Essendo sempre più evidenti le eresie in cui stava cadendo Sergio e nel timore che papa Onorio potesse cadere nella trappola, incaricò Stefano di Dora di recarsi a Roma in sua vece, essendo lui impossibilitato per un’imminente invasione saracena, e lo fece giurare sul Calvario di rimanere fedele alla fede calcedonese.
L’inviato riferì al concilio Lateranense del 649 la volontà di Sofronio: Là mi fece promettere con giuramento solenne: “Se tu dimentichi o disprezzi la fede che ora è minacciata, dovrai rendere conto a colui che, sebbene Dio, fu crocifisso in questo santo luogo, quando nella sua prossima venuta Egli giudicherà i vivi e i morti. Come tu sai, non posso compiere questo viaggio a causa dell’invasione dei saraceni [...].
Vai senza indugio fino all’altra estremità della terra, alla sede apostolica, il fondamento dell’insegnamento ortodosso e di’ ai santi uomini che sono là non una, non due, ma molte volte ciò che sta accadendo; di’ loro tutta la verità e nulla più. Non esitare, domanda loro e pregali insistentemente di utilizzare la loro ispirata sapienza per emettere un giudizio definitivo e annientare questo nuovo insegnamento che ci è stato inflitto”.
Impressionato dal solenne appello che Sofronio aveva pronunciato in quel luogo santo e venerabile, e considerato il potere episcopale che per grazia di Dio mi era stato conferito, partii subito per Roma. Sono qui davanti a voi per la terza volta, chino davanti alla sede apostolica implorando, come Sofronio e molti altri fecero, “venite in aiuto della fede cattolica minacciata”.
Ci vollero ben dieci anni prima che il Papa San Martino I condannasse l’eresia al medesimo concilio. Sofronio scese a patti con i saraceni per evitare stragi di popolo a Gerusalemme, ma morì pochi mesi dopo nel 639. Lasciò ai posteri diverse omelie, una splendida orazione per benedire l’acqua nella festa del Battesimo del Signore, nonché inni e cantici di straordinaria bellezza.
I suoi tropari per la settimana Santa costituirono la fonte degli “Improperi” tuttora recitati nella liturgia del Venerdì Santo.
(Autore: Fabio Arduino -  Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sofronio di Gerusalemme, pregate per noi.

*Beato Tommaso Atkinsons - Sacerdote e Martire (11 marzo)

Scheda del gruppo a cui appartiene: “Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
East Riding dello Yorkshire, 1545 circa - York, Scozia, 11 marzo 1616  
Martirologio Romano: A York in Inghilterra, Beato Tommaso Atkinson, sacerdote e martire, che, durante il regno di Giacomo I, patì il martirio solo per essere sacerdote. (Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Tommaso Atkinsons, pregate per noi.

*Santi Trofimo e Thallo - Martiri di Laodicea di Frigia (11 marzo)

sec. IV  
Martirologio Romano:
A Laodicea in Siria, Santi Trofimo e Talo, martiri, che, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, dopo molti crudeli tormenti ottennero la corona di gloria.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Trofimo e Thallo, pregate per noi.

*San Vindiciano di Cambrai-Arras - Vescovo (11 marzo)

m. 712 circa
Martirologio Romano:
Nella regione dell’Hainault in Neustria, nell’odierna Francia, San Vindiciano, vescovo di Cambrai e Arras, che invitò Teodorico III ad espiare con la penitenza il crimine commesso con l’uccisione di San Leodegario.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vindiciano di Cambrai-Arras, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (11 marzo)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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